Assoggettati, talvolta nostro malgrado, a logiche e schiavitù politiche ed istituzionali, sentiamo di chinare il capo, quasi di arrenderci e di salvare il salvabile. Tuttavia restano alternative e strade possibili.
Condivido l’analisi di quanti sollevano l’urgenza di una riflessione più puntuale sulle forme di internamento, che appaiono sempre più smart, certamente più brevi e di migliore qualità, ma non lontane dall’uso contenitivo - e coercitivo - del farmaco e dell’assistenza. Certo stabilire il confine tra il protettivo ed il coercitivo, tra il legittimo e l’abuso è sempre molto complesso e non è questa la sede per un dibattito così articolato.
Tuttavia ci sono ricette ed esperienze che ci possono aiutare a comprendere che una strada alternativa è ancora possibile. Innanzitutto a partire da un cambio di paradigma: al centro non vi è il tema della protezione di alcuni rispetto al pericolo supposto di altri, al centro non vi è la presa in carico di alcuni che hanno bisogno più di altri, ed al centro non può esservi nemmeno la delega a buon mercato ad alcune forze sociali e di impresa.
Crediamo invece che al centro debba essere posta finalmente la salute delle comunità, o meglio comunità della salute. Un vero sforzo per una sanità territoriale e diffusa che sia luogo di co-gestione e co-programmazione con tutti gli attori coinvolti. Che sia capillare, vicina, e che sia trasversale nelle sue pratiche e nelle sue logiche, che veda accanto al lavoro strettamente sanitario, un più forte impegno sul piano della diffusione di consapevolezze e culture nuove intorno al tema della salute e con esso anche intorno al tema della salute mentale.
In Regione Campania, il Terzo Settore, in quest’ambito, opera con pochi strumenti e scarso riconoscimento, è un dato di realtà. La relazione con il servizio pubblico non ha alcun riconoscimento contrattuale, si vive alla giornata; nonostante le lunghe battaglie, ed i risultati inequivocabili, lo strumento del budget di salute resta un miraggio in molti territori; sebbene vi sia una legge regionale che sostiene, e prevede sanzioni per chi non aderisce, l’inserimento lavorativo di persone con disabilità, di fatto la norma è disattesa costantemente dal mondo dell’impresa nel silenzio delle istituzioni che invece dovrebbero sostenerla e farla applicare.
Certo, prendere parola è anche atto di riflessione e denuncia, ma si sostanzia di pratiche quotidiana che possano generare alternative di luogo e di senso. Noi facciamo l’esperienza dell’Agricoltura Sociale come quel luogo della comunità in cui sviluppare relazioni e competenze, in cui poter fare scelte, costruire prospettive di vita pur dentro una fragilità. Crediamo che i nostri luoghi siano depositari di un potenziale di cambiamento che dobbiamo saper mettere al servizio della comunità locale, con apertura e disponibilità; luoghi dove valorizzare storie, professionalità, legami, emozioni; luoghi-non-luoghi inclusivi e non escludenti. La formazione scolastica e professionale è luogo della dignità e dell’autodeterminazione, dove non c’è questo c’è il manicomio, qualunque sia la sua dimensione; i percorsi di inserimento lavorativo, e dunque l’urgenza del budget di salute e l’applicazione delle norme in materia, sono prioritari per uscire dalle logiche sicuritarie e marginalizzanti; la costruzione di reti territoriali diffuse e trasversali, multiattoriali e che vedano il protagonismo delle persone che le abitano è uno sforzo indispensabile e certamente complesso a cui non dobbiamo mai derogare. Noi proviamo ogni giorno a tenere insieme la complessità di questa sfida: presa in carico, formazione e lavoro, comunità e reti territoriali, relazioni e vita di comunità diffusa.
Non è facile lottare contro i propri pregiudizi, schemi e stigma interiorizzato, né per noi, né per le famiglie, né per gli operatori, né per le persone che vivono una disabilità mentale. Noi però ci proviamo: sbagliamo e ripartiamo, quando accade. Noi non siamo ok, poi non siamo più fighi; noi crediamo nella possibilità di smarcarci dal dispositivo, di contaminare i luoghi di un cambiamento possibile, di vivere e di generare un posto migliore di quello che abbiamo trovato. Non siamo i soli, certo, ma siamo ancora troppo pochi.
Francesco Napoli
Presidente
Coop.Soc. Capovolti
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Agosto 2023
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