TEATRO DEL CENTRO SOCIALE DI BATTIPAGLIA VENERDI’ 30 MAGGIO ORE 20.00
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incontri, strette di mano, sorrisi, abbracci, sguardi, condivisioni, spunti e riflessioni: tutto questo è stato per me #perchisimescola. un'esperienza possibile grazie all'immane lavoro di tutta la squadra Capovolti. E grazie all'energia di questa giornata, da domani il nostro impegno sarà ancora più intenso. Ho imparato tanto da ogni incontro fatto oggi. Call for Papers... i contributi vincenti!
Premesso che tutti contributi presentati sono interessantissimi da approfondire, incoraggiamo tutti ha leggere gli abstract ed i contributi sulla pagina dedicata cliccando qui
Rassegna stampaInterviste su Radio BoOonzo
Presentare un momento pubblico come il Convegno #perchisimescola che si terrà il prossimo 24 maggio al teatro Ghirelli di Salerno significa presentare uno stile, uno sguardo diverso sulle questioni legate alle disabilità mentali; significa, in una parola, adottare l’arte del mescolarsi. A momenti alterni, il dibattito sulla condizione delle persone con disabilità mentale e delle loro famiglie assurge agli onori della cronaca, troppo spesso legata a fatti violenti e a drammi, per poi ritornare nel limbo dell’omertà e della paura. Si perché la disabilità mentale ci spaventa, ci mette in discussione, mina le nostre certezze, dissolve il nostro senso di controllo e razionalità, fa saltare le nostre categorie mentali e sociali. A questo si aggiunge un graduale ma inesorabile arretramento dei servizi territoriali, delle tutele e dei diritti, a discapito delle persone più fragili e di quei processi di integrazione socio-sanitaria di cui tanti parlano ma rispetto ai quali sempre meno si agisce e costruisce. Come conseguenza, e soluzione, una recrudescenza di un generale clima di disciplinamento, controllo, medicalizzazione e patologizzazione in cui proliferano e fermentano stereotipi, stigma, pregiudizi, esclusioni, marginalizzazioni e, come se non bastasse, interessi privati e speculativi di vecchie e nuove forme manicomiali e ghettizzanti. Ma il quadro non è tutto così fosco. Nei sobborghi di sacche sparute di resistente collettività, provano a muoversi realtà di valore che aprono nuovi spazi di inclusione, che costruiscono momenti e luoghi altri in cui la disabilità mentale non spaventa, non necessita di controllo e di marginalizzazione, ma diventa occasione di esperienze di autodeterminazione e riscatto. Capovolti, Fattoria Sociale per la Salute Mentale, vuole essere uno di questi luoghi, aperto alla comunità, dove utenti, familiari, operatori, cittadini, ritrovano e reinventano ogni giorno uno stile nuovo di relazione, di valorizzazione delle risorse personali, di costruzione di una comunità inclusiva e capace di produrre sviluppo, occupazione, benessere. Non siamo i soli, naturalmente, sebbene sappiamo di essere in pochi. Altre realtà con noi e intorno a noi provano con fatica a perseguire gli stessi obiettivi e credono nei nostri stessi valori. #perchisimescola è l’occasione che ci siamo voluti dare per confrontarci con queste altre realtà e per confrontarci anche con un territorio complesso, denso di criticità ma anche di spunti d’eccellenza. Intendiamo partire da quella che è l’esperienza delle fattorie sociali sparse in tutto il territorio nazionale e che sono diventate negli ultimi anni vere e proprie riserve indiane in cui si coltivano, letteralmente e concretamente, frutti di inclusione e di occupazione a vantaggio di soggetti fragili. L’esperienza delle Fattorie del Circeo e della Fattoria Fuori di Zucca sono fiori all’occhiello da cui apprendere strategie e visioni. Strategie e visioni che non possono prescindere da altri due aspetti: da un lato l’urgenza di dare al mondo dell’Agricoltura e dell’Agricoltura Sociale la visibilità che merita; dall’altro ripensare lo stile di intessere reti e alleanze territoriali. Rimettiamo al centro del dibattito, quindi, il tema dell’agricoltura in senso ampio e compiuto, che intercetta le questioni dell’innovazione, della sostenibilità ambientale, della tutela del territorio, del consumo di suolo, dell’occupazione, delle nuove professionalità, della legalità, dell’inclusione sociale, del benessere collettivo. E apriamo contestualmente una riflessione condivisa sulla possibilità di un nuovo stile di alleanze per ripensare l’inclusione sociale delle persone con disabilità mentale. Non possiamo più attendere che le prassi e le procedure arrivino dall’alto, che siano condizionate a progettazioni spesso destinate a fallire o concludersi miseramente vittime delle pieghe di norme e rendicontazioni che diventano più un cappio che una risorsa. Non possiamo più immaginare che le istituzioni, gravate da vincoli e limiti economici e strutturali, svolgano il ruolo di collettore che hanno fin qui provato a svolgere, talvolta con splendidi risultati altre volte con immani disastri. La soluzione che intravedo è iniziare a pensare un welfare dal basso, costruire strategie che partono da quello che abbiamo sotto mano, le nostre risorse e le nostre energie. Le professionalità, le esperienze che militano in uno spazio, quello del terzo settore che, sebbene anch’esso vittima talvolta di rigidità e ruggini ataviche, continua a produrre esperienze di senso, nuovi slanci e nuove motivazioni. Un welfare dal basso significa anche limitare individualismi, protagonismi, formule convenzionali, dinamiche di forza e di equilibri politici e clientelari per ri-trovare il senso del mettere insieme, mettere in comune, che mi pare essere l’unica via che guarda al futuro. Di cui il titolo, #perchisimescola, che traccia una traiettoria e una prospettiva: mescolarsi, per noi, significa sporcarci le mani, mettere sul tavolo risorse, guardare a ciò che ciascuno ha da dare e non ai limiti che pure ciascuno ha, immaginare momenti e spazi di ri-appropriazione del proprio itinerario di vita e dell’esperienza dello stare insieme dentro una comunità. Un’occupazione operosa e silenziosa che rosicchia terreno al disfattismo, alla burocrazia, al vincolo economico, alle strategie di potere, al controllo delle nostre stesse vite, all’esclusione del diverso e del fragile, all’illegalità, al lavoro nero, alla precarietà come luogo di schiavitù. Mescolarsi significa anche immaginare una trasversalità delle alleanze, una originalità delle prassi e delle strategie, una creatività per rimettere in circolo risorse e generare inclusione, innovazione, benessere. Mescolarsi significa fare impresa, quella vera e quella sana, che ha partire dalle risorse prova a mettere in moto opportunità, che dalle fragilità prova ad accompagnare un territorio verso una prospettiva di uguaglianza e tutele, che dal rischio prova a sviluppare nuove forme di emancipazione e autodeterminazione. Mescolarsi significa andare oltre la logica differenziale della vita stessa, oltre la cesura tra vite che meritano attenzione e vite che non ne meritano; mescolarsi significa dare un senso ampio alla costruzione di una vita buona. Non deve dunque spaventarci il mescolare le nostre esperienze, le nostre vite, i nostri percorsi. Come non deve spaventarci il mescolare linguaggi e formule – impresa, sociale, welfare, istituzioni, cooperazione, alleanze, sviluppo, lavoro, innovazione, comunità, fragilità, sono tutte parole che possono, e a questo punto devo, stare insieme. Ri-partire dal basso significa proprio questo: ri-partire da noi, dal nostro viverci dentro una collettività che diventa tanto più soggettività quanto più è realizzata dentro il senso del comune, cioè dell’evidenza che tutto e parte di noi stessi, che le relazioni che costruiamo possono migliorare il nostro so-stare dentro la comunità, che escludere qualcuno significa escludere una parte di noi stessi, escludere risorse, depauperare di senso e di opportunità il nostro stare insieme. Più che un convegno, #perchisimescola, vuole essere dunque uno spazio altro, con regole altre, per intessere una nuova trama per l’inclusione sociale di persone con disabilità mentale, per ri-mettere al centro risorse e bisogni delle famiglie e degli utenti, per ri-pensare prassi e strategie condivise, per re-inventare una comunità che ri-parte da se stessa e ri-costruisce il proprio destino di sviluppo e crescita. Mi piace dedicare questo primo momento pubblico a Francesco Mastrogiovanni, l’insegnante morto in un reparto di psichiatria, legato ad un letto per 82 ore, dopo un Trattamento Sanitario Obbligatorio. Non è una dedica che emette un giudizio, ma vuole essere un’occasione per ricordare e per ribadire che noi la pensiamo in un altro modo. Francesco Napoli - Direttore Progetto Capovolti Qui tutti i video-selfie #perchisimescola... il TUO non c'è? Cosa aspetti? Mandalo a [email protected] Maggiori informazioni sul convegno #perchisimescola clicca qui.
Con il patrocinio In collaborazione con i partner CAPOVOLTI Piantato dai ragazzi stessi, avrà di certo una lunga e proficua vita. Il Fico è l'albero scelto per simboleggiare la nuova location di CAPOVOLTI che da questo mese si trasferisce a Montecorvino Pugliano. Albero e frutto sacro, il Fico è l’emblema della vita, della luce, della forza e della conoscenza. Nell’antica Grecia, era l’albero sacro ad Atena, dea della saggezza e a Dioniso dio del vino. Platone ritiene il Fico amico dei filosofi. Nella tradizione antica il Fico riveste quindi un significato di immortalità e di abbondanza. Esso rappresenta anche l’asse del mondo, che collega la terra al cielo. Nell’antichità si praticava la sicomazia, un metodo di divinazione attraverso le foglie di Fico. Come simbolo dell’abbondanza è legato alla fecondità. Il Fico presiede alla nascita; secondo una leggenda induista il dio Vishnu e nato sotto ad un Fico. Lo stesso vale per i fondatori di Roma, Romolo e Remo. Operazione pulizia della nuova struttura... quale migliore occasione per passare una piacevole giornata tutti insieme? Sono momenti molto gratificanti per la grande famiglia Capovolti. Si prende sempre maggior consapevolezza del percorso intrapreso e si sviluppa sempre più il senso di appartenenza al gruppo mescolandoci. Condividiamo insieme a voi alcuni immagini della nostra giornata. ♥ |
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