La chiusura degli OPG è uno dei temi su cui il Forum è stato ed è impegnato nel cartello di StopOpg. Oggi siamo al commissariamento di alcune regioni che non hanno ancora ottemperato agli obblighi della legge 81/2014 e il governo ha nominato Franco Corleone commissario unico del Governo per le procedure necessarie al definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari.
Con lui si avvia una prima riflessione necessaria relativa alla situazione attuale Rems/Opg. A poco più di un anno dalla data fissata dalla legge 81 per la chiusura degli Opg (31 marzo 2015) si possono iniziare a tirare le somme per analizzare quanto è stato fatto e quanto è ancora da fare. Si possono iniziare a “dare i numeri”: 3 Opg ancora aperti (tra cui quello di Aversa), 68 persone ancora chiuse negli Opg, 331 persone spostate nelle Rems, 133 dimessi dalle REMS, 170 provvedimenti per entrare in Rems di persone in attesa di giudizio, solo 24 Rems, 0 posti liberi, 1 Opg riconvertito a Rems (Castiglione delle Stiviere) sulle carte ma di fatto ancora gestito come Opg. Beh….cosa c’è da dire in più??? Probabilmente c’è da farsi solo domande... le condizioni attuali di vita nelle Rems? Sono stati attivati percorsi riabilitativi individuali per ciascun individuo spostato nelle Rms in modo da permettere |
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Quello che si sa è che ad oggi esistono Rems esemplari, senza sbarre alle finestre, senza porte chiuse, senza cancelli e Rems da risistemare in cui il senso della legge ancora non è stato colto o attivato. Molto dipende dalle amministrazioni regionali che si gestiscono in maniera diversa da regione a regione e dalle modalità di gestione e organizzazione dei servizi territoriali, dalle modalità di formazione di operatori e medici e dalle modalità di “preparazione” dell’utenza da mandare fuori una volta valutati positivamente. Ma molto dipende anche dal codice penale che, nonostante la chiusura degli Opg non ha modificato la legge 85 che di fatto dichiara che la persona incapace di intendere e di volere non è imputabile per cui necessita di una accertamento e poi di scontare la pena in un luogo diverso dal carcere. Appare quindi inevitabile e necessario riportare la politica e le istituzioni alle proprie responsabilità nell’ambito della salute mentale, con particolare attenzione alle questioni riguardanti i diritti, la giustizia, la qualità delle cure e la qualità della vita. Sicuramente molto è da migliorare, ma piano piano i processi si attivano e si migliorano parlandone e riflettendoci insieme.
E piano piano si aprono nuove campagne e si intravedono nuovi obiettivi come la campagna contro le contenzioni. La campagna “…e tu slegalo subito”, per l’abolizione della contenzione nei luoghi di cura, è ufficialmente partita il 21 gennaio di quest’anno con la presentazione al Senato della Repubblica. E’ stato costituito un cartello di numerose associazioni nazionali ed è stato elaborato un documento che per primi hanno firmato tutti i rappresentanti delle varie associazioni, più altre autorevoli persone a titolo personale. Contestualmente all’avvio della campagna è stata attivata una rete di social con uno specifico sito web slegalosubito.com.
Immediatamente sono giunte centinaia di adesioni, di singole persone o di associazioni, e si stanno attualmente svolgendo iniziative locali su tutto il territorio nazionale. La campagna è stata presentata al Forum con la proiezione del docufilm “87 ore. Gli ultimi giorni di Francesco Mastrogiovanni.” (cliccare QUI per visionare il docufilm). Francesco Mastrogiovanni, aveva 58 anni e faceva il maestro elementare. È morto dopo 87 ore nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Vallo della Lucania (Sa) dove si trovava a seguito di un Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO). Era fine luglio del 2009, Mastrogiovanni è stato tenuto legato ad un letto senza mangiare né bere per 87 ore, fino alla morte avvenuta il 4 agosto 2009. Nutrito, per tre giorni e mezzo, solo di psicofarmaci allo scopo di sedarlo, ma sedarlo non si sa da cosa visto che l’uomo non aveva manifestato alcuna forma di aggressività né prima né durante il ricovero. |
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Dopo la visione del video la prima reazione che verrebbe spontanea è il silenzio, ma silenzio perché di fronte all’assurdità e alla brutalità di certi eventi e certi comportamenti “umani” a volte non si sa proprio che dire, come giustificare, come rispondere, si rimane impietriti come di pietra dovevano essere i cuori di quella gente che ha contribuito ad una morte così assurda e senza senso. Ma il silenzio non va bene, non aiuta né chi guarda né chi è coinvolto. La parola, invece, è forte, ciò che si deve fare è parlare, e magari gridare, denunciare, combattere e farsi portatori dei diritti di vita, di benessere, di cura e di sana cura. Probabilmente quegli infermieri, nello scarico di responsabilità, si sono sentiti meno colpevoli, si è creata una deumanizzazione che ha investito tutti all’interno del reparto, ma che non può giustificare né la brutalità dei comportamenti né l’ignavia. Tutti da condannare e tutto da cambiare nella gestione degli SPDC (servizi ospedalieri psichiatrici di diagnosi e cura). Ed ecco che si ritorna al discorso precedente di scuotere la politica, le istituzioni, le regioni affinchè certe determinate leggi possano essere modificate, perché non è possibile che ad oggi la contenzione sia addirittura consentita da regolamenti interni. Le porte chiuse, i lacci e le cinghie impediscono all’uomo di essere libero, ma la libertà è un diritto fondamentale, la privazione di tale diritto è anticostituzionale, antiumana, antimorale e antisociale.
L’impressione è che questi aspetti, queste battaglie, siano ancora però, magari non volutamente, abbastanza settorizzate. Il coinvolgimento della medicina e in particolare del mondo psichiatrico in questo evento è stato massimo e direi anche totale, quello che è sembrato mancare è stato l’aspetto più “sociale”. Certo si lavora per il benessere dell’utenza con disturbo mentale e non solo, e per il miglioramento della qualità della vita e soprattutto delle cure, ma pare mancare, o non essere del tutto definita, la connessione con la psicologia in termini di professionalità da tirare in campo in aiuto alla psichiatria e all’utenza e in termini di attenzione agli aspetti propriamente più mentali della condizione sia del malato che del medico. Probabilmente il discorso sarebbe stato troppo lungo, probabilmente ampliare il campo al sociale, al mondo degli operatori, delle comunità riabilitative, dei familiari, del sostegno psicologico e psicoterapeutico avrebbe messo in ballo altri scenari. Beh…noi speriamo che tutto ciò possa essere presente al prossimo Forum, con una più incisiva partecipazione di psicologi e operatori sociali…
Alessandra Albini - Psicologa, Psicoterapeuta, Direttore Progetto Capovolti